Memento … OBLI(vi)O(n) – il diritto all’oblio

Se è vero che sono quasi 3000 le nuove imprese (startup innovative) – con l’aumento del +36% in un anno per l’Italia-; che l’80% di queste opera nel campo delle New Tech; che per il quinto anno consecutivo il mercato dell’advertising su internet ha segnato una costante crescita; che l’Italia – in tale ambito – ha ottenuto il 4° posto nel Top Ranking dei primi 10 paesi europei dopo UK, Germania e Francia, é importante porsi una domanda: che ne é della miriade di dati liberati (a volte senza troppo pensarci) nel web?

Il diritto all’oblio (creato dalla giurisprudenza) nasceva come contraltare dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica nonché del diritto di libera ricerca storica. Difatti, con la digitalizzazione dei contenuti e degli archivi dei quotidiani, si é fatta più pressante la tutela dell’identità personale (propria attuale, personale e morale, a livello sociale), sia in positivo (diritto a vedere rappresentata la propria persona in maniera che rifletta la propria attuale dimensione personale e sociale) che in negativo (diritto a non vedersi pubblicamente rappresentati in maniera non o non più corrispondente a tale dimensione).

Il diritto all’oblio é, dunque, il diritto spettante a ciascun individuo, di essere “dimenticato”, cosicché il mondo (o meglio il web) affidi al dimenticatoio un comportamento tenuto in passato, un’indagine giornalistica o giudiziaria, un processo, un’informazione o semplicemente una notizia che ai tempi può, anche, aver significato un farsi pubblicità, ma che ad oggi risulta scomoda, obsoleta o falsa.

Se prima la soluzione che veniva indicata era la de-indicizzazione dai motori di ricerca dell’articolo del giornale, da ultimo si sono registrate pronunce di segno opposto dirette alla concreta rimozione o correzione dell’articolo (C. Cass., Sent. 5525/2012). La Corte ha concluso per la sussistenza, nel caso di specie, di un obbligo a carico dell’editore di predisporre un sistema idoneo a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza di un seguito e di uno sviluppo della notizia, consentendone il rapido accesso.

Dello stesso segno, la sentenza n. 5820/2013, pubblicata il 26.4.2013, del Tribunale di Milano, che cita espressamente quella di Cassazione e riconosce al diritto all’oblio una posizione di prevalenza rispetto ad ogni altro interesse.

Da ultimo, merita di essere segnalata la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso «Google Spain and Inc. v Agencia Española de Protección de datos e Mario Costeja Gonzàles», del 13 maggio 2014 (C-131/12).

Secondo la Corte di Giustizia, in presenza di determinate condizioni e relativamente a ricerche effettuate a partire dal nome di un individuo, é resa obbligatoria (su richiesta) la rimozione dei link[1] dall’elenco dei risultati della ricerca.

Sul punto, “le Autorità (ndr Ue Garanti della Privacy) hanno concordato di costituire una rete di “punti di contatto” per scambiare rapidamente informazioni, e creare una tool box di criteri comuni per garantire un approccio coordinato nella gestione dei ricorsi e reclami presentati da utenti non soddisfatti della risposta fornita dai motori di ricerca”[2].

Quali, allora, nella pratica gli strumenti per esercitare il proprio right to be forgotten?

Innanzitutto, andrà chiesta la rettifica dell’articolo/notizia da parte dell’editore.

Qualora, nonostante la richiesta, non si ottengano i risultati sperati, il titolare del diritto potrà chiedere la de-indicizzazione dei contenuti direttamente ai motori di ricerca.

Quando anche questo tentativo non vada a buon fine, sarà il caso di rimettersi al Garante della Privacy, quale alternativa alla tutela ordinaria.

Per ora, dalle richieste di rimozione pervenute a Google[3], due dati risultano lampanti: da una parte che la percentuale di diniego si assesta sul 59% e dall’altra che gli italiani sono i meno attivi nel tutelare la propria identità personale (20 mila richieste VS le 50 mila dei francesi e le 43 mila dei tedeschi).

In conclusione, va sicuramente tutelato un bilanciamento degli interessi e dei diritti, ma d’altro canto, per citare Floridi, é anche vero che “Ciò che chiediamo alla memoria è l’apertura verso il futuro, non la stagnazione nel passato”.

 Avv. Anna Capoluongo

Studio Legale Capoluongo

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[1] verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative alla persona cercata.

[2] dalla newsletter del 30 settembre 2014, n. 393 del Garante della Privacy.

[3] questo il link con le istruzioni per richiedere la rimozione: https://support.google.com/legal/contact/lr_eudpa?product=websearch