Benvenuti nel Blog dell’Osservatorio Digitale PMI!

Sul nostro Blog verranno periodicamente pubblicate notizie riguardanti le attività dell’Osservatorio Digitale PMI e approfondimenti sui risultati delle indagini alle quali sono invitate a partecipare Piccole e Medie Imprese italiane.

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PMI ed e-commerce: i dati dell’indagine 2014

Continuiamo a parlare dell’indagine 2014 dell’Osservatorio approfondendo ora i risultati relativi a PMI ed e-commerce.

Dalla ricerca è emerso che solamente il 20,13% delle aziende intervistate vende i propri prodotti o servizi on line, mentre il 9,24% ha attivato un progetto per iniziare a fare lo stesso. Ben il 70,63% delle imprese, tuttavia, non utilizza l’e-commerce, nonostante il numero delle spese effettuate in Rete sia in continuo aumento e questa modalità di acquisto ‒ eseguito comodamente da casa ‒ si stia lentamente affermando perfino tra i più scettici (Grafico 1 ‒ cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente).

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Grafico 1: La sua azienda vende on line?

Considerando separatamente i diversi settori di attività, si nota che in quello industriale è una percentuale ancora più irrisoria – il 12,15% − a effettuare vendite on line, contro l’80,36% che non si è invece interessato a tale possibilità.

La situazione è molto simile nel settore dei servizi, in cui soltanto il 13,33% delle realtà intervistate si serve dell’e-commerce. Tra quelle che non ne fanno uso − il 78,67% − il 61,86% non intende nemmeno attivarsi in tal senso nei mesi a venire e il 20,34% lo ritiene poco probabile.

Nel settore commerciale, infine, i dati sono più ottimistici: il 41% delle PMI del campione vende on line e il 16% si sta muovendo in tale direzione. La percentuale di aziende che non utilizzano l’e-commerce – il 43% − rimane comunque significativa, ma, tra queste, il 25% considera probabile iniziare a farlo nel corso dei prossimi mesi. Per il 33,33% è invece poco probabile e il 30% circa non tiene l’opzione in considerazione.

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PMI e social network: i dati dell’indagine 2014

Procediamo con la presentazione dei risultati dell’indagine 2014 dell’Osservatorio proponendo i dati relativi a PMI e social network.

Nell’articolo precedente (https://osservatoriodigitalepmi.it/pmi-e-sito-web-aziendale-tutti-numeri-sul-suo-utilizzo/) si è potuto notare come il sito web sia uno strumento piuttosto diffuso tra le Piccole e Medie Imprese, ma lo stesso non vale per i social network: soltanto poco più della metà delle aziende intervistate – precisamente il 54,13% − possiede una pagina su una o più piattaforme di social networking, mentre il 4,95% ha attivato un progetto in tal senso. Il 40,92%, invece, non è presente all’interno di alcun social (Grafico 1 − cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente).

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Grafico 1: La sua azienda possiede una propria pagina su uno o più social network?

 

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PMI e sito web aziendale: tutti i numeri sul suo utilizzo

L’indagine 2014 dell’Osservatorio Digitale PMI, che ha coinvolto oltre 300 medie, piccole e micro imprese, ha permesso di tracciare un quadro generale dell’atteggiamento assunto dalle PMI italiane di fronte agli strumenti digitali. Alle aziende non è solo stato chiesto di quali di questi strumenti si servissero e cosa pensassero di quelli non ancora adottati, ma anche quale tipo di uso ne facessero, quale fosse il loro grado di soddisfazione e quali benefici e risultati avessero ottenuto.

Avevamo già messo in evidenza il fatto che dalla ricerca fosse emerso che ben l’80,53% delle realtà intervistate possiede più di uno strumento digital. Nei prossimi post entreremo maggiormente nel dettaglio, analizzando il grado di adozione dei diversi mezzi considerati singolarmente. Partiamo dal rapporto tra PMI e sito web.

La quasi totalità delle imprese che hanno preso parte all’indagine ha un sito web aziendale – precisamente il 90,43% (Grafico 1 – cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente). Esaminando separatamente i differenti settori di appartenenza, si è rilevata una situazione piuttosto omogenea: hanno realizzato un proprio sito il 96,43% delle PMI del settore industriale, il 92% di quelle del settore dei servizi e l’85,71% di quelle del settore commerciale.

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Grafico 1: La sua azienda possiede uno o più siti web?

 

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Il nuovo report dell’Osservatorio

“I progetti d’indagine dell’Osservatorio Digitale PMI. Un’analisi nel settore lombardo dell’abbigliamento” è il titolo dell’ultimo report realizzato all’interno della nostra aerea di Ricerca. È disponibile gratuitamente per chi volesse scaricarlo.

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PMI e mobile marketing

Il mondo dei mobile devices, vista la rapida diffusione di smartphone e tablet, sta diventando un canale sempre più sfruttato per la promozione e la vendita di prodotti o servizi, oltre che per instaurare una relazione diretta con i consumatori: il connubio tra PMI e mobile può pertanto rivelarsi vincente.

App e geolocalizzazione

PMI e mobile marketing - Osservatorio Digitale PMIIl boom dell’utilizzo di questo tipo di dispositivi ha contribuito notevolmente alla diffusione delle applicazioni mobili conosciute come “App”. Tali strumenti sono essenzialmente dei software progettati per fornire uno o più servizi utili per l’utente e spesso permettono di ottenere soluzioni o risposte immediate e semplici a diverse questioni e problematiche. Inoltre offrono la possibilità di accedere a contenuti geolocalizzati, che consentono di fruire di servizi legati al preciso luogo in cui ci si trova in un dato momento. Il fatto che la posizione delle persone, in continuo movimento, venga da loro condivisa in maniera volontaria o comunque rilevata dai loro dispositivi va anche a vantaggio della pubblicità, che, in base alla localizzazione, può agire su target specifici. Spesso, pertanto, la pubblicità realizzata per gli smartphone è indirizzata agli utenti che risultano essere in un determinato posto, per esempio in prossimità di un evento che si desidera promuovere. Le imprese che decidono di investire nel canale mobile devono quindi impegnarsi a individuare formati e strategie pubblicitarie adatti a questi dispositivi, che ne sfruttino le potenzialità restituendo i migliori risultati: è importante che siti e pagine web siano visibili adeguatamente anche su schermi di dimensioni ridotte, che i servizi e i contenuti proposti siano mirati e che agli utenti venga data la possibilità di effettuare acquisti direttamente dai loro smartphone.

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La squadra per l’innovazione digitale – Parte 2

[Nell’articolo precedente è stato sottolineato il fatto che l’innovazione digitale all’interno di un’azienda debba andare di pari passo con un cambiamento di business model.]

La prima domanda da porsi di fronte all’adozione delle tecnologie digitali è quindi: mi conviene andare avanti ad operare come prima oppure posso provare a rivedere il mio business model?

La questione non va sottovalutata in quanto è di vitale importanza da un lato, così come è necessario disporre di competenze adeguate per realizzare la scelta. Dietro l’angolo c’è, per esempio, l’internet delle cose (IoT), che potrebbe consentire il cambiamento del business model, passando dalla vendita di prodotti alla vendita di risultati, di performance. È il caso di una azienda tedesca che produce e vende cuscinetti a sfera alle aziende che costruiscono centrali elettriche eoliche. I nuovi cuscinetti a sfera sono in grado di tenere sotto controllo la propria usura, le necessità di manutenzione e altre grandezze quali temperatura, numero di giri al minuto e numero di giri totale. Quella azienda, ora, vende e garantisce le performance dei suoi cuscinetti, si occupa lei della manutenzione ordinaria e straordinaria, e per i suoi clienti la voce dei cuscinetti è passata dallo stato patrimoniale al conto economico.

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La squadra per l’innovazione digitale – Parte 1

Nel mondo globalizzato ci sono minacce ed opportunità. Aumentano i consumatori ma anche i concorrenti. È necessario che ognuno, ogni azienda, si impegni ad innovare se stessa, aumentando gli investimenti in ricerca e sviluppo finalizzati ai prodotti ed ai processi per andare a cogliere queste nuove opportunità.

In questo momento storico, l’industria italiana non sembra avere una strategia innovativa chiara. La Technology Review del Massachusetts Institute of Technology ha stilato una classifica delle cinquanta industrie più innovative del mondo, quelle che hanno sviluppato nuove tecniche per ridefinire le proprie attività e conquistare la leadership.

Al primo posto della classifica si colloca Illumina, californiana, che produce software e macchine per identificare le sequenze del genoma con una riduzione drastica dei costi rispetto al passato. La prima volta che il genoma umano fu decodificato, nel 2000, il costo dell’operazione superò i 100 milioni di dollari. Oggi Illumina lo offre a 1.000 dollari. Gli effetti si vedranno nei nuovi sistemi diagnostici e di cura o nella ricerche genomiche in agricoltura.

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Fatturazione elettronica e PMI

Prima di parlare nello specifico di fatturazione elettronica e PMI, è bene introdurre il tema in maniera più generale, in modo da comprendere in cosa consista questo nuovo sistema di fatturazione.

L’obbligo di fatturazione elettronica verso le pubbliche amministrazioni

Il 31 luglio scorso, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha pubblicato un nuovo report contenente diversi dati aggiornati al 30 giugno 2015 relativi all’adozione della fatturazione elettronica da parte di imprese e pubbliche amministrazioni.

I numeri rilevati dall’AgID appaiono notevoli se si tiene in considerazione il fatto che l’introduzione di tale sistema di fatturazione sia decisamente recente: il 6 giugno 2014 esso è entrato in vigore all’interno delle amministrazioni centrali ovvero ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e il 31 marzo 2015 è stato esteso a tutte le pubbliche amministrazioni. Il 30 giugno 2015 il Sistema di Interscambio aveva già gestito oltre 10 milioni di fatture elettroniche, con una percentuale di fatture scartate a causa di errori inferiore al 10%. Il motivo per cui è stato possibile raggiungere cifre simili in un lasso di tempo così ristretto è semplice: l’obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica da parte delle imprese è coinciso con il blocco definitivo del pagamento delle fatture cartacee da parte delle PA. Si è assistito quindi a un vero e proprio switch off del formato cartaceo e tutte le aziende che lavorano con enti pubblici e PA si sono dovute adeguare, dotandosi di specifiche soluzioni tecniche, ma soprattutto modificando i propri modelli organizzativi. La necessità di effettuare una serie di cambiamenti radicali ha certamente avuto maggiore impatto sulle PMI che sulle realtà più grandi.

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La dichiarazione dei diritti in Internet

Ad un anno dalla sua istituzione, la Commissione per i diritti e i doveri in Internet ha dato vita alla Dichiarazione dei diritti in Internet, presentata in data 28.07.2015: 14 articoli che gettano le fondamenta per un insieme di principi solidi e basilari, potenzialmente capaci di fondersi nel panorama giuridico italiano, pur con un occhio di riguardo a quello europeo ed internazionale.

In attesa che Governo e Parlamento si adoperino per una valida e rispettosa applicazione di tali articoli (in toto), è il caso di scorrere il testo della Dichiarazione per estrapolarne i capisaldi. Chiara è l’ispirazione di stampo europeo ed internazionale, laddove vengono garantiti i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni nazionali e dalle dichiarazioni internazionali in materia.

La Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona, tanto che la garanzia di questi diritti è condizione necessaria per il funzionamento democratico delle Istituzioni, anche al fine di evitare di approdare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale. Internet, così, si configura come uno spazio sempre più importante per l’auto-organizzazione delle persone e dei gruppi e come strumento essenziale per promuovere l’eguaglianza sostanziale e la partecipazione ai processi democratici.

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PMI ed e-commerce: cosa c’è da sapere

In Italia, il connubio tra PMI ed e-commerce non sembra ancora essersi consolidato, nonostante il numero degli acquisti effettuati on line continui ad aumentare. I meno esperti, forse, non avranno nemmeno ben chiaro cosa esattamente si intenda con il termine “e-commerce”, che indica l’insieme di tutte le attività commerciali e le transazioni effettuate per via elettronica.

Come vendere tramite il Web?

Esistono due possibilità a disposizione delle PMI per svolgere attività di commercio elettronico: inserire una sezione e-shop all’interno del proprio sito aziendale, oppure entrare a far parte di portali dedicati alla vendita on line, quali Amazon o eBay. Nel secondo caso, alle piattaforme dovrà essere pagata una commissione, che generalmente varia a seconda del prezzo di vendita della merce.

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