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Smart working, cos’è?

È dimostrato che i dipendenti a cui è stato permesso di svolgere l’attività lavorativa fuori dal contesto aziendale sono stati in grado di aumentare la propria produttività del 35-40%, diminuendo la percentuale di assenteismo (-63%) ed aumentando il livello di soddisfazione personale, con un ovvio ritorno positivo in capo alla società datrice di lavoro.
Il contraltare di tali ricerche è costituito dalla forte impreparazione del tessuto imprenditoriale italiano all’utilizzo di tale strumento e dal lento potenziamento dei mezzi tecnologici che la modalità “remota” prevede senza esclusioni.

Basti pensare che, tra le aziende con più di 249 dipendenti, quelle che hanno avviato progetti di lavoro flessibile rappresentano solamente il 34%. Il 14 % sta prevedendo una introduzione pianificata, il 37% reputa interessante lo strumento ed il resto non se ne (pre)occupa.
Tra le aziende con meno di 249 dipendenti, le percentuali scendono a 14% (progetti avviati), a 29% (hanno mostrato interesse) e a 57% (non se ne pre-occupano).

Sia chiaro, anzitutto, che lo smart working altro non é se non l’evoluzione (semplificativa) del già esistente telelavoro. Introdotto nel nostro ordinamento con la l. 191/1998, che all’art. 4 recita:

le Amministrazioni Pubbliche possono avvalersi di forme di lavoro a distanza, autorizzando i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa.

Il telelavoro, in ragione del luogo dello svolgimento della prestazione lavorativa, si divide in:

  • a) domiciliare
  • b) da centro satellite
  • c) mobile
  • d) da tele centri
  • e) da remoto
  • f) sistema diffuso d’azienda.

Nel disegno di legge collegato alla legge di Stabilità del 2016, il Governo ha introdotto e disciplinato lo smart working quale forma di lavoro agile e moderna, tesa ad offrire una più ampia libertà nella gestione del tempo del lavoratore, oltre che un’organizzazione aziendale maggiormente produttiva e semplice.

Lo smart working propone un differente modo di lavorare, da inquadrarsi in una prestazione di lavoro subordinato svolta al di fuori dei locali aziendali (anche solo in parte, ad es. un giorno a settimana), per un tempo medio annuale inferiore al 50% del normale orario lavorativo, e con l’eventuale ausilio di strumenti informatici o telematici. Tale nuova modalità potrà riguardare solo i lavoratori dipendenti, potrà essere a tempo determinato o indeterminato ma il recesso si configurerà solo per giusta causa o mediante preavviso non inferiore ai 30 giorni.

Necessario e imprescindibile diventa l’aspetto contrattuale a disciplina della prestazione lavorativa, in forma scritta e contenente le modalità di esecuzione e di organizzazione, nonché i devices tecnologici da utilizzare, della cui fornitura e manutenzione sarà responsabile il datore (salvo che gli stessi siano di proprietà del dipendente).

Senza dubbio alcuno anche per lo smart working vigeranno le garanzie a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore, ed il datore dovrà dare attuazione ad obblighi minimi quali (in via indicativa): la consegna di un’informativa sui rischi generali e sui rischi specifici connessi alle modalità di svolgimento della prestazione, la fornitura di strumenti informatici o telematici aggiornati e conformi ai migliori standard tecnici e normativi, il monitoraggio periodico delle condizioni di lavoro (per mezzo di colloqui annuali).

Ancora, in tema di sicurezza sul lavoro, rientrano tra i casi tutelati dal ddl sia gli infortuni occorsi fuori dalla sede aziendale (ma durante l’orario lavorativo) sia quelli avvenuti durante il normale percorso di andata e ritorno dal lavoro (ad es. dall’abitazione al co-working). Last but not least, per quanto riguarda l’aspetto retributivo, é necessario che non sia inferiore a quello degli altri dipendenti impiegati in azienda.

Stando ai risultati tratti dalle ricerche, si stima che l’adozione dello smart working in Italia potrebbe portare ad un aumento di 27 miliardi in termini di produttività ed a una diminuzione di 10 miliardi in termini di costi fissi. Infatti, sulla base di un campione di 1.000 worker e di 6.500 giornate di lavoro smart si guadagnerebbero/risparmierebbero:

  1. 113 ore di vita privata in media per ogni singolo lavoratore;
  2. circa 50 euro al giorno pro capite (trasporti e spese varie come baby-sitter e pasti);
  3. 65.000kg di CO2 grazie a 1.500km non percorsi per spostarsi da casa all’ufficio.

Tirando le somme, con lo smart working il lavoro smetterebbe di essere legato a un luogo fisico e a giovarne sarebbe interamente la produttività del dipendente.

E voi, lavorereste da remoto?

 

Avv. Anna Capoluongo